(Alessandro
Notarnicola) La contagiante aria di festa di cui si riveste Piazza San
Pietro il mercoledì mattina in occasione dell'Udienza generale del Santo
Padre sorprende ogni volta in maniera diversa e originale i media che
seguono puntualmente l'appuntamento dal 1975, e ancora più straordinaria
è la considerevole presenza di gruppi di fedeli e di pellegrini di
tutte le età che riunitisi da più parti del mondo si raccolgono nella
Piazza del Bernini per partecipare alla preghiera e dunque alla
Catechesi pronunciata da Papa Francesco. Questa mattina Francesco sempre
portando avanti il ciclo "pre-sinodale" riguardante la famiglia ha
incentrato la sua catechesi sulla figura dei nonni, preannunciando che
sulla stessa tematica rifletterà anche nella catechesi di mercoledì
prossimo concentrandosi d'altra parte sulla vocazione contenuta in
questa età della vita.
Quella di oggi è senza alcun dubbio una delle catechesi più toccanti e
vivaci dall'inizio del suo magistero (e letta con molta partecipazione
personale), il problema degli anziani abbandonati, la nostra memoria e
la nostra saggezza, è un vuoto della società contemporanea non
indifferente, il quale andrebbe colmato ed alienato per il bene e per il
futuro delle giovani generazioni che hanno bisogno di crescere sotto lo
sguardo e a seguito dell'insegnamento dei propri nonni, amorevole
bagaglio di sapienza per la comunità cristiana.
Francesco
ha aperto oggi le sue meditazioni occupandosi della problematica
condizione attuale degli anziani all'interno della società influenzata e
sottomessa alla "cultura del profitto", sempre più attenta a chi
produce ricchezza e sempre meno disponibile a sostenere il prossimo che
non può produrre e che ha poco, in tutti i termini, per consumare:
"Grazie ai progressi della medicina la vita si è allungata: la società,
però, non si è “allargata” alla vita!", ha detto il Santo Padre
denunciando l'indifferenza verso gli anziani da parte di una società
programmata sull’efficienza, "Il numero degli anziani si è moltiplicato,
ma le nostre società non si sono organizzate abbastanza per fare posto a
loro, con giusto rispetto e concreta considerazione per la loro
fragilità e la loro dignità".
La qualità di una società si giudica anche da come gli anziani sono trattati.
La qualità di una società si giudica anche da come gli anziani sono trattati.
Fino
a pochi decenni fa gli anziani vivevano nell’ambiente famigliare per
tutto l’arco della vita mentre oggi molti, i più fortunati, vengono
accolti in case di riposo, creando così solitudini poste l’una accanto
altra mentre per i più disagiati, e sono la maggioranza, non vi è né il
calore della famiglia né il sollievo di essere custoditi in una
collettività. Per meglio comprendere questa piaga sociale ma anche
sentimentale della società contemporanea Francesco ha assunto a
riferimento le parole profetiche che il suo predecessore, Benedetto XVI,
visitando una casa per anziani romana della Comunità di Sant'Egidio il
12 novembre del 2012, ha pronunciato ponendosi da "anziano" tra gli
anziani: «La qualità di una società, vorrei dire di una civiltà, si
giudica anche da come gli anziani sono trattati e dal posto loro
riservato nel vivere comune», aveva detto il Papa emerito, considerando
la longevità una benedizione di Dio che va apprezzata e valorizzata.
Proprio su questa cura che è necessario prestare e riservare agli
anziani si è concentrato Papa Bergoglio in questo primo mercoledì di
marzo ponendo in primo piano la fragilità e la dignità degli anziani
esortando la parte "giovane" della società a operare con maggiore
impegno, iniziando dalle famiglie e dalle istituzioni pubbliche, per
fare in modo che gli anziani possano rimanere nelle proprie case. Per
Francesco, lo aveva detto anche Benedetto XVI nella stessa occasione
sopracitata, la sapienza di vita di cui i nonni sono portatori è una
grande ricchezza poiché la qualità di una società, e dunque di una
civiltà e della "cultura dell'incontro" ad esse intrinseca, si giudica
anche da come gli anziani sono trattati e dal posto loro riservato nel
vivere comune.
Sono i bambini ad avere più coscienza degli adulti
"Questi
anziani dovrebbero invece essere, per tutta la società, la riserva
sapienziale del nostro popolo. Con quanta facilità si mette a dormire la
coscienza quando non c’è amore!» (Solo l’amore ci può salvare, Città
del Vaticano 2013, p. 83)", ha osservato Francesco, che conosce molto
bene la durezza di questa realtà, condividendo con i fedeli e i gruppi
di pellegrinaggio aneddoti del suo primo ministero a Buenos Aires quando
si recava in visita alle diverse case di riposo per portare agli ospiti
lì accolti un saluto affettuoso e solidale, per colmare le mancanze dei
figli e dei familiari di coloro che erano stati ricoverati per la loro
fragilità e inutilità. Inoltre a questo Francesco ha aggiunto un
racconto che la sua nonna Rosa narrava in relazione allo "scarto" degli
anziani in famiglia: "Poiché un uomo anziano nel mangiare si sporcava,
il figlio - ossia il padre della famiglia - aveva deciso di spostarlo in
un tavolino in cucina perché mangiasse da solo preoccupato di non fare
brutta figura con gli amici che invitava a pranzo. Pochi giorni dopo
arrivò a casa e trovò suo figlio più piccolo che faceva un tavolo per
averlo già quando egli sarebbe diventato anziano per mangiare lì", ha
detto Francesco con amarezza e denunciando che sono i bambini ad avere
più coscienza degli adulti. La Chiesa non può e non vuole conformarsi ad
una mentalità di insofferenza, e tanto meno di indifferenza e di
disprezzo, nei confronti della vecchiaia, ecco la ragione per cui sente
con urgenza il bisogno di risvegliare il senso collettivo di
gratitudine, di apprezzamento, di ospitalità, che facciano sentire
l’anziano parte viva della sua comunità. Gli anziani sono uomini e
donne, padri e madri che sono stati prima di noi sulla nostra stessa
strada, nella nostra stessa casa, nella nostra quotidiana battaglia per
una vita degna. Sono uomini e donne dai quali abbiamo ricevuto molto.
"L’anziano non è un alieno", ha sottolineato con veemenza il Papa e ha
proseguito: "L’anziano siamo noi: fra poco, fra molto, inevitabilmente
comunque, anche se non ci pensiamo". Gli uomini, pertanto, hanno
dimenticato il concetto di sacrificio e di "onore", inteso nel suo più
nobile significato, facendosi loro stessi portavoce di un’etica e di una
cultura del mercato, che premia innanzitutto il consumismo e la
incommensurabile ricerca del piacere materiale, dando vita a una
progressiva emarginazione che diventa sempre più triste presagio di una
deleteria sorte della società mancante delle proprie radici.
"Una società senza prossimità", ha così concluso il pontefice, "dove la gratuità e l’affetto senza contropartita – anche fra estranei – vanno scomparendo, è una società perversa. La Chiesa, fedele alla Parola di Dio, non può tollerare queste degenerazioni. Una comunità cristiana in cui prossimità e gratuità non fossero più considerate indispensabili, perderebbe con esse la sua anima. Dove non c’è onore per gli anziani, non c’è futuro per i giovani".
"Una società senza prossimità", ha così concluso il pontefice, "dove la gratuità e l’affetto senza contropartita – anche fra estranei – vanno scomparendo, è una società perversa. La Chiesa, fedele alla Parola di Dio, non può tollerare queste degenerazioni. Una comunità cristiana in cui prossimità e gratuità non fossero più considerate indispensabili, perderebbe con esse la sua anima. Dove non c’è onore per gli anziani, non c’è futuro per i giovani".
(Articolo pubblicato anche su "Il sismografo")