(Alessandro Notarnicola) Ieri mattina Papa Francesco ha ricevuto in Udienza i Vescovi della Conferenza Episcopale di Bosnia ed Erzegovina, in occasione della Visita “ad Limina Apostolorum”, e ha consegnato loro un discorso nel quale tratta molteplici temi sociali e religiosi che interessano l'area dei Balcani e la stessa città di Sarajevo, simbolo della difficile convivenza tra cattolici, ortodossi e musulmani, dove si recherà tra poco meno di tre mesi, il prossimo 6 giugno: «Sono ansioso di recarmi nella vostra Patria il prossimo 6 giugno e gustare con la vostra gente quanto è bello e soave che i fratelli si trovino insieme»
scrive il Santo Padre manifestando un gran desiderio di recarsi nella terra balcanica interessata da una progressiva "restaurazione" alla quale, tra l'altro, si concentra nella parte centrale del discorso in cui auspica la creazione di una solida pastorale sociale nei confronti dei fedeli, specialmente dei più giovani che rappresentano il futuro e la speranza dell'intera area.
Il discorso del Santo Padre, suddiviso in quattro punti principali, interessa i cattolici emigrati a causa della guerra e mai tornati, la multiculturalità e multietnicità del paese balcanico, ma anche la relazione tra il clero e i religiosi e la necessità di perseguire la comunità «al di là delle peculiari individualità».
ll primo tema sul quale il pontefice si sofferma nel discorso consegnato ai vescovi riguarda il fenomeno crescente dell’emigrazione: «Essa – afferma Francesco – evoca la difficoltà del ritorno di tanti vostri concittadini, la scarsità di fonti di lavoro, l’instabilità delle famiglie, la lacerazione affettiva e sociale di intere comunità, la precarietà operativa di diverse parrocchie, le memorie ancora vive del conflitto, sia a livello personale che comunitario, con le ferite degli animi ancora doloranti. So bene che ciò suscita, nel vostro animo di Pastori, amarezza e preoccupazione», scrive Bergoglio, che esorta così i presuli a non risparmiare le proprie energie per sostenere i deboli, e aiutare quanti hanno legittimi e onesti desideri di rimanere nella propria terra natale. Successivamente il pontefice si sofferma sulla dimensione multiculturale e multietnica della società balcanica sostenendo che il compito di tutti i vescovi è di essere padri di tutti, pur nelle ristrettezze materiali e nella crisi in cui quotidianamente si trovano a dover operare per la ricostruzione e per la crescita della comunità. "Il vostro cuore sia sempre largo ad accogliere ognuno, come il cuore di Cristo sa ospitare in sé – con amore divino – ogni essere umano", scrive dunque Fancesco, ribadendo uno dei messaggi - l'amore di Cristo per l'uomo - che trasmette sin dall'inizio del suo magistero e che ha trattato anche questa mattina nell'omelia di Santa Marta.
Ogni comunità cristiana - scrive in seguito il Santo Padre - sa di essere chiamata ad aprirsi, a riflettere nel mondo la luce del Vangelo; non può rimanere chiusa soltanto nell’ambito delle proprie pur nobili tradizioni. Essa esce dal proprio “recinto”, salda nella fede, sostenuta dalla preghiera e incoraggiata dai propri pastori, per vivere e annunciare la vita nuova di cui è depositaria, quella di Cristo, Salvatore di ogni uomo. In tale prospettiva Francesco, anticipando il suono del messaggio che riecheggerà a Sarajevo il 6 giugno prossimo, incoraggia le iniziative che possono allargare la presenza della Chiesa al di là del perimetro liturgico, assumendo con fantasia ogni altra azione che possa incidere nella società apportandovi il fresco spirito del Vangelo.
(Articolo pubblicato su "Il sismografo" per la rubrica Una riflessione del Papa oggi)