(Alessandro
Notarnicola) La primissima volta che Jorge Mario Bergoglio ha parlato
da Papa delle donne risale all’omelia per la celebrazione della Domenica
delle Palme del 24 marzo 2013, quasi due anni fa, quando il neo
pontefice argentino ha desiderato condividere con la gremitissima Platea Sancti Petri
e con il mondo intero il ricordo di una figura familiare di riferimento
fondamentale nella sua infanzia, ma anche per l'età adulta. Si tratta
di Nonna Rosa Vassallo.
La
nonna italo-argentina, donna minuta, dai capelli castani e dagli occhi
grandi, la cui esistenza terrena si è snodata tra l’Europa, l’Italia, ed
il nuovo mondo, l’Argentina, è entrata quasi nell’immediato nelle case
di tutte le famiglie cristiane sin dai primi giorni del ministero
petrino bergogliano, e certamente ci ha aiutato a meglio comprendere le
scelte ed il magistero di Papa Francesco, per il quale ella ha occupato
un eccezionale punto di riferimento nella crescita umana e spirituale.
In
un contesto sociale in cui l'emancipazione femminile sembra essersi
affermata con determinazione e a giusto merito dopo secoli di lotte, e
in una società - quella a noi coeva - in cui le donne sono diventate
cittadine di serie A, al pari degli uomini (anche se non mancano gli
ostacoli e resistenz ancora), ci si è spesso domandati quale fosse la
posizione della Chiesa in merito, dal momento che per lunghi periodi
essa è stata percepita come una “nemica” dell’emancipazione. A questo
conflitto culturale si aggiunge inoltre un dato effettivo: l’assenza
della cosiddetta "quota rosa" nelle sfere decisionali della Chiesa,
benché le religiose siano, almeno per ora, molto più numerose dei
religiosi. Gli ultimi dati, risalenti al 2012, dimostrano senza ombra di
incertezza che le religiose cattoliche nel mondo sono 702.529, mentre i
religiosi (esclusi i sacerdoti) equivalgono a 55.314. Questo dato vuol
mostrare che su 14 consacrati, 13 sono donne, ed è inevitabile che
l'emancipazione realizzata dalla donna nella società civile abbia
riscontrato una sua legittima nonché naturale ripercussione nel campo
religioso. Nella dottrina cattolica tra l'altro il principio è
riconosciuto fin dalle origini del cristianesimo, secondo la parola di
san Paolo: «Non vi è più né uomo né donna, perché non siete che una sola persona in Cristo Gesù»
(Gal. 3, 28). Il Salvatore ha soppresso le divisioni e le ineguaglianze
tra gli esseri umani, sia tra uomini e donne, sia tra ebrei e greci,
sia tra schiavi e uomini liberi; egli ha voluto far scomparire
l'inferiorità sociale della donna, legata all'egoismo dominatore
dell'uomo e rivelatrice di una situazione di peccato.
Francesco,
una volta eletto pontefice ha reso più chiara e comprensibile
l’opinione della Chiesa in relazione alla posizione occupata dalla donna
all'interno della comunità civile e alla grande famiglia religiosa; la
voce del Papa rappresenta non a caso la cultura del nostro tempo sempre
ben predisposta nei confronti di ogni tipo di uguaglianza tanto che a un
certo punto egli è stato definito - forse scherzosamente, magari con
polemica - il papa delle "pari opportunità".
Papa
Francesco relativamente alle donne si è espresso senza sillogismi e
giochi di parole ambigui nel suo primo viaggio internazionale in Brasile
per la XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù. Nel discorso
indirizzato ai Vescovi brasiliani di sabato 27 luglio Bergoglio osserva:
"[…] le donne hanno un ruolo
fondamentale nel trasmettere la fede e costituiscono una forza
quotidiana in una società che la porti avanti e la rinnovi. Non
riduciamo l’impegno delle donne nella Chiesa, bensì promuoviamo il loro
ruolo attivo nella comunità ecclesiale. Se la Chiesa perde le donne,
nella sua dimensione totale e reale, la Chiesa rischia la sterilità”.
A
queste osservazioni hanno poi fatto seguito le parole pronunciate a
braccio nella lunga intervista "senza rete e senza filtri” nel viaggio
di ritorno da Rio de Janeiro a conclusione della GMG davanti ai 70 giornalisti dei media mondiali accreditati sul volo papale.
Alla
domanda di Jean-Marie Guénois de Le Figaro: "Santo Padre, una domanda
con il mio collega di La Croix, Lei ha detto che la Chiesa senza la
donna perde fecondità. Quali misure concrete prenderà?" Papa Francesco
ha risposto: "Una Chiesa senza
le donne è come il Collegio Apostolico senza Maria. Il ruolo della donna
nella Chiesa non è soltanto la maternità, la mamma di famiglia, ma è
più forte: è proprio l’icona della Vergine, della Madonna; quella che
aiuta a crescere la Chiesa! Ma pensate che la Madonna è più importante
degli Apostoli! E’ più importante! La Chiesa è femminile: è Chiesa, è
sposa, è madre. Ma la donna, nella Chiesa, non solo deve, non so come si
dice in italiano […] il ruolo della donna nella Chiesa non solo deve
finire come mamma, come lavoratrice, limitata […] No! E’ un’altra cosa!
Ma i Papi […] Paolo VI ha scritto una cosa bellissima sulle donne, ma
credo che si debba andare più avanti nell’esplicitazione di questo ruolo
e carisma della donna. Non si può capire una Chiesa senza donne”.
Inoltre,
durante un'Udienza generale in piazza S. Pietro alla domanda rivolta
dalla giornalista brasiliana Anna Ferreira su quale deve essere la
partecipazione delle donne nella Chiesa, il Santo Padre ha risposto
ancora una volta con delle parole che probabilmente hanno fatto tremare
non pochi, affermando che la donna, nella Chiesa, è più importante dei
vescovi e dei preti".
Questi
tre interventi presi in considerazione (i quali tuttavia segnano tre
momenti indispensabili del pontificato bergogliano) dimostrano come
Francesco abbia ben chiara l'evoluzione dei tempi: tante cose possono
cambiare e sono cambiate nell’evoluzione culturale e sociale, ma di
fatto rimane che per la Chiesa è la donna che concepisce, che porta in
grembo e partorisce i figli degli uomini. E questo non rappresenta
semplicemente un dato biologico (potremmo dire "da laboratorio"), ma
comporta una ricchezza di implicazioni sia per la donna stessa, per il
suo modo di essere, sia per le sue relazioni, per il modo di porsi
rispetto alla vita. Secondo la Chiesa cattolica Dio ha affidato in una
maniera del tutto speciale l’essere umano alla maternità della donna.
Questa affermazione forte e piena di significato è contenuta nella
lettera apostolica Mulieris dignitatem
di San Giovanni Paolo II, pubblicata il 15 agosto 1988, e scritta
subito dopo il Sinodo sulla vocazione e missione dei laici nella chiesa e
nel mondo, celebrato nel 1987, raccogliendo una richiesta scaturita
dall’aula sinodale di considerare i fondamenti antropologici e teologici
della condizione femminile come fondamento imprescindibile per ogni
novità da attuare nella vita della Chiesa. Negli ultimi venticinque
comunque anni la presenza e la partecipazione della donna nella vita
sociale, economica, culturale e politica si sono gradualmente
incrementate in tutto il mondo.
Il
Papa delle pari opportunità dunque ha sempre omaggiato il "genio
femminile" tanto caro a Giovanni Paolo II, sottolineando, come ha fatto
nel messaggio inviato al Festival della famiglia di Riva del Garda, “la
significativa maggiore presenza delle donne” nell’organismo. Una
“presenza che – ha sottolineato Bergoglio – diventa invito a riflettere
sul ruolo che le donne possono e devono avere nel campo della teologia.
Infatti, la Chiesa riconosce l’indispensabile apporto della donna nella
società, con una sensibilità, un’intuizione e certe capacità peculiari
che sono solitamente più proprie delle donne che degli uomini”. L’invito
di Francesco è dunque rivolto a trarre il migliore profitto da questa
parità dei ruoli per poter raggiungere successi significativi
nell'elaborazione delle cosiddette politiche familiari e per lo stesso
futuro dell'umanità.