(Luis Badilla - Alessandro Notarnicola) Il 16 marzo 2013, il pontefice eletto appena tre giorni prima, ha incontrato nell'Aula Paolo VI i rappresentanti e gli operatori della stampa internazionale. In quei giorni gli accrediti erano ormai 6 mila e di fatto l'incontro con gli operatori della stampa è da considerarsi uno dei più grandi nella storia dell'intero papato. Ecco il passaggio dell'allocuzione del Santo Padre in cui, per la prima volta, Francesco spiega le ragioni e le circostanze che lo hanno portato a scegliere l'inedito e fresco nome dell'umile fraticello di Assisi.
"Alcuni non sapevano perché il Vescovo di Roma ha voluto chiamarsi Francesco. Alcuni pensavano a Francesco Saverio, a Francesco di Sales, anche a Francesco d’Assisi. Io vi racconterò la storia. Nell’elezione, io avevo accanto a me l’arcivescovo emerito di San Paolo e anche prefetto emerito della Congregazione per il Clero, il cardinale Claudio Hummes: un grande amico, un grande amico!
Quando la cosa diveniva un po’ pericolosa, lui mi confortava. E quando i voti sono saliti a due terzi, viene l’applauso consueto, perché è stato eletto il Papa. E lui mi abbracciò, mi baciò e mi disse: “Non dimenticarti dei poveri!”. E quella parola è entrata qui: i poveri, i poveri. Poi, subito, in relazione ai poveri ho pensato a Francesco d’Assisi". Sin da subito il Santo Padre ha voluto estendere le ragioni della scelta del nomen pontificale con il quale si è presentato dinanzi a Dio e davanti all’opinione pubblica mondiale, certamente incuriosita non solo dalla personalità del nuovo pontefice della Chiesa cattolica, questa volta chiamato dall'altra parte del mondo (America Latina) ma anche dal nome che egli avrebbe scelto per salire al soglio di Pietro. Diversi e molteplici sono i nomi che si sono succeduti nel corso dei secoli nella storia del papato: da Lino - primo successore di Pietro - ad Anacleto, Evaristo, per poi approdare ai nostri giorni e alla scelta esclusiva di Albino Luciani di assumere il nome dei due pontefici che lo avevano preceduto (Giovanni XXIII e Paolo VI).
«Molti mi hanno detto ti dovevi chiamare Adriano per essere un vero riformatore - ha detto il Papa ai giornalisti - oppure Clemente per vendicarsi di Clemente XIV che abolì la Compagnia di Gesù». Bergoglio ha però ribadito di essersi ispirato a Francesco d'Assisi per volere una «Chiesa povera tra i poveri». Le parole del Papa pronunciate al cospetto di una considerevole platea internazionale hanno fatto pensare alla personalità di Francesco Giovanni di Pietro Bernardone, meglio conosciuto come San Francesco d’Assisi che visse per 44 anni e portò alla chiesa una primavera di Vita. Sicuramente uno dei grandi illuminati che ha aiutato ad illuminare uno dei periodi più tenebrosi e che per questa ragione è stato accostato al neo pontefice argentino eletto dai cardinali elettori in un momento piuttosto oscuro e difficoltoso in cui la Chiesa cattolica era stata soggetta alla rinuncia della propria "guida". "E’ per me l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato; in questo momento anche noi abbiamo con il creato una relazione non tanto buona, no? E’ l’uomo che ci dà questo spirito di pace, l’uomo povero", aveva osservato il Papa manifestando grande venerazione verso quel frate che aveva abbandonato ogni ricchezza familiare per dedicarsi a Dio e al Creato.
Il neo pontefice e la stampa
Papa Bergoglio in quel primo incontro con la stampa ha inoltre espresso con entusiasmo grandi apprezzamenti e una sincera gratitudine per il lavoro svolto dagli operatori dell'informazione senza il quale le diverse popolazioni faticherebbero a comprendere nel modo più giusto e completo la vera natura della Chiesa e anche il suo cammino nel mondo, con le sue virtù e con i suoi peccati, e conoscere e le motivazioni spirituali che la guidano e che sono le più autentiche per comprenderla: "Il ruolo dei mass media è andato sempre crescendo in questi ultimi tempi", ha detto, "tanto che è divenuto indispensabile per narrare al mondo la realtà contemporanea”, non trascurando un ringraziamento speciale rivolto a tutti i presenti per il qualificato servizio fornito nei giorni del Conclave fino alla sua elezione, in cui gli occhi del mondo cattolico e non solo si sono rivolti alla Città Eterna, "in particolare a questo territorio che ha per “baricentro” la tomba di San Pietro".
Il discorso rivolto ai rappresentanti della stampa e alla missione della professione giornalistica stessa, pur essendo il terzo discorso pronunciato pubblicamente da Papa Francesco, dopo la Benedizione Apostolica Urbi et Orbi dalla Loggia delle Benedizioni e l’Udienza a tutti i cardinali del 15 marzo, raccoglie in sé alcuni dei parametri principali del magistero bergogliano: Francesco infatti pone da subito l’interesse delle sue osservazioni sul carattere interpretativo degli eventi ecclesiali, che non sono più complicati dei fatti politici o economici e che inoltre non rispondono alla logica delle “categorie mondane”. Non deve esserci posto nella Chiesa (e quindi anche nell’”informazione cattolica”) per la mentalità mondana, e per quelle illusioni mondane che sovente distorcono il senso vero e autentico dei fatti trasmessi al pubblico di lettori – e di utenti; anzi, proprie della comunicazione devono essere la trasparenza, l’adesione ai fatti, e la franchezza che Francesco raccoglie unicamente nell’esortazione alla parresia. Si rivela pertanto fondamentale nello svolgimento della propria professione tenere in debito conto questo orizzonte interpretativo, che Francesco definisce “ermeneutica”, per mettere bene a fuoco il cuore degli eventi che si susseguono quotidianamente.
Altri incontri del Papa con la stampa.
Ci sono altre occasioni in cui Francesco ha ricevuto gli operatori del sistema delle comunicazioni. Il 18 gennaio 2014 ha incontrato i dirigenti e il personale della Rai - Radiotelevisione italiana nella cornice del 90° anniversario dell'inizio delle trasmissioni radiofoniche della RAI e del 60° di quelle televisive, nel quale ambito il Papa richiamando la tradizione italiana propria dell'immediato dopoguerra (quando dapprima la radio e in un secondo momento la televisione hanno assunto una funzione pedagogica e formativa per gli italiani), ha sottolineato la collaborazione tra l'ente televisivo italiano e l'emittente radiofonica vaticana la quale ha offerto e offre tuttora agli utenti del suo servizio pubblico la possibilità di seguire sia gli eventi straordinari sia quelli ordinari. Si pensi al Concilio Vaticano II, alle elezioni dei Pontefici, o ai funerali del beato Giovanni Paolo II; ma pensiamo anche ai tanti avvenimenti del Giubileo del 2000, alle diverse celebrazioni, come pure alle visite pastorali del Papa in Italia. "La qualità etica della comunicazione è frutto, in ultima analisi, di coscienze attente, non superficiali, sempre rispettose delle persone, sia di quelle che sono oggetto di informazione, sia dei destinatari del messaggio", ha detto il pontefice, proseguendo: "Ciascuno, nel proprio ruolo e con la propria responsabilità, è chiamato a vigilare per tenere alto il livello etico della comunicazione, ed evitare quelle cose che fanno tanto male: la disinformazione, la diffamazione e la calunnia. Mantenere il livello etico".
Tuttavia, il secondo appuntamento "comunicativo" cade lo scorso dicembre, nell'udienza concessa a dirigenti e giornalisti di Tv2000, l'emittente della Cei (Conferenza episcopale italiana), il Santo Padre non ha rinunciato a sottolineare i rischi nei quali il sistema mass-mediale potrebbe cadere: "Disinformazione, calunnia, diffamazione", i tre "peccati" che - secondo papa Francesco - i mass media devono "evitare" nella maniera più assoluta. La disinformazione, in particolare, per il Pontefice, spinge a dire la metà delle cose, e questo porta a non potersi fare un giudizio preciso sulla realtà. Ma di questi tre peccati, il più grave e pericoloso è la disinformazione, perché induce all'errore, e porta a credere solo a una parte della verità. Per il Pontefice argentino dunque i media cattolici hanno una missione molto impegnativa nei confronti della comunicazione sociale e cioè cercare di preservarla da tutto ciò che la stravolge e la piega ad altri fini magari di propaganda o di controllo dell'economia e quindi politici.
(Articolo pubblicato su "Il sismografo" all'interno di una rubrica dedicata ai due anni di pontificato di Papa Francesco)