mercoledì 11 marzo 2015

"Noi possiamo ricordare ai giovani ambiziosi che una vita senza amore è arida. Possiamo dire ai giovani paurosi che l’angoscia del futuro può essere vinta. Possiamo insegnare ai giovani troppo innamorati di sé stessi che c’è più gioia nel dare che nel ricevere"

(Alessandro Notarnicola) Aria di festa in Piazza San Pietro questa mattina, una gioia condivisa da migliaia di fedeli accorsi alla "casa" del Papa, in Vaticano, per prendere parte all'Udienza generale e per ascoltare la Catechesi odierna nella quale il Santo Padre ha proseguito la riflessione sui nonni – già presentata mercoledì scorso - considerando oggi l'importanza del loro ruolo all'interno della famiglia e della società moderne.
È straordinario come Francesco abbia trattato con densa partecipazione questa tematica, nel quale - ha detto - si è immedesimato dal momento che anche lui appartiene a questa fascia di età. "Quando sono stato nelle Filippine, i filippini mi salutavano chiamandomi Lolo Kiko, cioè Nonno Francesco", ha aggiunto a braccio Papa Bergoglio.
Al suono della banda e al vivace grido dei tanti pellegrini giunti da Argentina, Libano, Messico, Paraguay, Francia, e da altre terre più o meno vicine, Francesco ha così dato avvio alla Catechesi con una osservazione piuttosto cruda, ma veritiera: "Una prima cosa è importante sottolineare: è vero che la società tende a scartarci, ma di certo non il Signore". Mercoledì scorso il Santo Padre nel contesto della Catechesi ha denunciato il problema degli anziani abbandonati, un vuoto della società contemporanea non indifferente, il quale andrebbe colmato ed alienato per il bene e per il futuro delle giovani generazioni che hanno bisogno di crescere sotto lo sguardo e a seguito dell'insegnamento dei propri nonni, amorevole bagaglio di sapienza per la comunità cristiana. Oggi invece sempre partendo da quanto ha riflettuto nella prima parte di questa Catechesi bipartita il pontefice ha osservato che l'età della vecchiaia è un momento in cui è necessario re-inventarsi la vita, poiché oggi, a differenza, delle epoche passate, l'uomo ha molto più tempo a propria disposizione.
"Sono stato molto colpito dalla “Giornata per gli anziani” che abbiamo fatto qui in Piazza San Pietro lo scorso anno (la Piazza piena): ho ascoltato storie di anziani che si spendono per gli altri e anche storie di coppie, di matrimonio che vengono e dicono “oggi facciamo il cinquantesimo di matrimonio” e io dico di farlo vedere ai giovani che si stancano presto", ha osservato Francesco ricordando la giornata del 28 settembre 2014 celebrata per iniziativa del Pontificio Consiglio per la Famiglia, quando alla presenza del Papa emerito, egli disse che abbandonare gli anziani è un'eutanasia nascosta. “È una riflessione da continuare, in ambito sia ecclesiale che civile", ha così proseguito il Papa introducendo una lunga riflessione ispirata alle storie dei Vangeli in relazione alla maturità dell'ultima fase della vita degli uomini: "il Vangelo ci viene incontro con un’immagine molto bella, commovente e incoraggiante. E’ l’immagine di Simeone e di Anna, dei quali ci parla il vangelo dell’infanzia di Gesù composto da San Luca. Erano certamente anziani, il “vecchio” Simeone e la “profetessa” Anna che aveva 84 anni. Il Vangelo dice che aspettavano la venuta di Dio ogni giorno, con grande fedeltà, da lunghi anni. Volevano proprio vederlo quel giorno, coglierne i segni, intuirne l’inizio. Forse erano anche un po’ rassegnati, ormai, a morire prima: quella lunga attesa continuava però a occupare tutta la loro vita, non avevano impegni più importanti di questo. Ebbene, quando Maria e Giuseppe giunsero al tempio per adempiere le disposizioni della Legge, Simeone e Anna si mossero di slancio, animati dallo Spirito Santo (cfr Lc 2,27). Il peso dell’età e dell’attesa sparì in un momento. Essi riconobbero il Bambino, e scoprirono una nuova forza, per un nuovo compito: rendere grazie e rendere testimonianza per questo Segno di Dio. Simeone improvvisò un bellissimo inno di giubilo (cfr Lc 2,29-32) e Anna divenne la prima predicatrice di Gesù: «parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme» (Lc 2,38)".
Questa nuova forza scoperta da Simeone ed Anna grazie all’arrivo di una giovane vita deve essere assunta a modello dai tanti anziani di oggi, i quali seguendo il riferimento di questi "vecchi straordinari" devono "diventare un po’ poeti della preghiera" ha detto Francesco, riappropriandosi così delle parole che Dio stesso insegna arricchendo la società umana moderna e contemporanea sovente troppo ambiziosa, indaffarata e distratta.
A questo punto il Santo Padre ha riflettuto sul rapporto tra le giovani generazioni e gli anziani rivolgendosi direttamente ai più giovani e consigliando loro di prendere esempio dalla testimonianza vocazionale di un anziano il quale con la sua fede e con il suo "racconto di vita" porta avanti la propria missione e vocazione: insegnare e formare i giovani. "Noi possiamo ricordare ai giovani ambiziosi che una vita senza amore è arida. Possiamo dire ai giovani paurosi che l’angoscia del futuro può essere vinta. Possiamo insegnare ai giovani troppo innamorati di sé stessi che c’è più gioia nel dare che nel ricevere. I nonni e le nonne formano la “corale” permanente di un grande santuario spirituale, dove la preghiera di supplica e il canto di lode sostengono la comunità che lavora e lotta nel campo della vita". Parole bellissime e commoventi quelle pronunciate dal Santo Padre in questa seconda Catechesi di marzo, parole tese a esortare i ragazzi a far posto nella propria vita all'amore e alla fede volgendo lo sguardo a chi ne sa di più e a chi potrebbe - con amore e con premura - insegnare loro il giusto modo di affrontare il futuro che - visti e considerati questi tempi di disorientamento e di grandi incertezze per il domani - sovente appare assente e angosciante.
Non mancano tuttavia dei consigli che Papa Bergoglio ha riservato ai più anziani che a volte sono colpevoli di cinismo, poiché perdono il senso della propria testimonianza, arrivando a disprezzare i giovani e non comunicando una sapienza di vita. "Le parole dei nonni hanno qualcosa di speciale, per i giovani. E loro lo sanno. Le parole che la mia nonna mi consegnò per iscritto il giorno della mia ordinazione sacerdotale, le porto ancora con me, sempre nel breviario", ha ricordato Francesco riportando ancora una volta al presente le parole della nonna Rosa punto di riferimento assoluto per la sua vita e per il suo percorso di sacerdozio.
"Come vorrei una Chiesa che sfida la cultura dello scarto con la gioia traboccante di un nuovo abbraccio tra i giovani e gli anziani!", ha in seguito concluso il Papa. Per Francesco non può esserci futuro per alcun popolo senza questo incontro tra le generazioni, senza che i figli ricevano con riconoscenza il testimone della vita dalle mani dei genitori e il valore della preghiera e del Vangelo, riecheggiando in tal maniera l'esempio della profetessa Anna e del vecchio cantore Simeone, poiché l'anzianità non è un naufragio ma una vocazione.

(Articolo pubblicato anche su "Il sismografo")