lunedì 2 marzo 2015

"Chi sono io per giudicare?". Tornano le omelie di Papa Francesco a Santa Marta

(Alessandro Notarnicola) Questa mattina Papa Francesco, dopo la pausa settimanale dovuta allo svolgimento degli Esercizi Spirituali, ha ripreso a celebrare Messa presso la cappellina di Casa Santa Marta dove egli risiede e dove, quasi ogni mattina, pronuncia a braccio intere omelie che aprono la sua giornata e che spesso suscitano clamore giornalistico sia per le tematiche trattate sia per l’uso di un linguaggio fortemente metaforico.
Nella prima omelia di marzo il Santo Padre nel commentare le letture della liturgia odierna (Daniele 9,4-10 e Luca 6,36-38) ha trattato il tema della misericordia e del perdono, ricordando che “siamo tutti peccatori”, non “in teoria” ma nella realtà, e indicando “una virtù cristiana, anzi più di una virtù”: “la capacità di accusare se stesso”. È il primo passo di chi vuole essere cristiano: “Tutti noi siamo maestri, siamo dottori nel giustificare noi stessi: ‘Ma, io non sono stato, no, non è colpa mia, ma sì, ma non era tanto, eh […] Le cose non sono così […]’. Tutti abbiamo un alibi spiegativo delle nostre mancanze, dei nostri peccati, e tante volte siamo capaci di fare quella faccia da ‘Ma, io non so’, faccia da ‘Ma io non l’ho fatto, forse sarà un altro’: fare l’innocente. E così non si va avanti nella vita cristiana”, ha poi aggiunto. Oggi dunque Francesco si è occupato di un tema che potrebbe apparire fuori dai confini di una meditazione di questo tipo. Ha così illustrato un tema che coinvolge la vita di ognuno di noi a volte poco propensi a svolgere una propria analisi autocritica e bisognosi di cercare giustificazioni atte a giudicare frettolosamente gli altri senza voler prima accusare se stessi. La costruzione di un alibi spiegativo e poco responsivo non crea certamente dialogo, anzi innalza barriere di scontro e di false alleanze all'interno del quadro sociale e familiare, ecco la ragione per cui quando uno impara ad accusare se stesso è misericordioso con gli altri.
"Per esempio – ha affermato Papa Francesco - “quando io trovo nel mio cuore un’invidia e so che questa invidia è capace di sparlare dell’altro e ucciderlo moralmente”, questa è la “saggezza di accusare se stesso”. Se il cristiano non imparerà questo primo passo della vita, secondo il pontefice mai farà passi sulla strada della vita cristiana e dunque della vita spirituale. Il Papa inoltre ha anche sottolineato un’altra virtù: vergognarsi davanti a Dio, in una sorta di dialogo in cui noi riconosciamo la vergogna del nostro peccato e la grandezza della misericordia di Dio, coniugando misericordia e perdono e ribadendo uno dei punti cardine del suo ministero petrino: "Ma, chi sono io per giudicarlo, se io sono capace di fare cose peggiori?”.
Si tratta di parole apparentemente semplici che però vanno dritte al cuore e colgono il valore dell'umiltà del buon cristiano, parole che Francesco non pronuncia oggi per la prima volta, e che ha introdotto in una forma diversa tra le pagine dell'Evangelii Gaudium richiamanti a loro volta il Catechismo della Chiesa cattolica: infatti questa considerazione era stata espressa dal pontefice nel corso della conferenza stampa concessa ai giornalisti sul volo di ritorno da Rio de Janeiro a Roma. In quell'occasione - si ricordi - la frase era stata grandemente strumentalizzata dai media perché Papa Bergoglio (da poco salito sulla cathedra petrina in seguito alla rinuncia di Benedetto XVI) per la prima volta si pronunciava in relazione agli omosessuali, sostenendo che in Vaticano non c'è scritto sulle carte d’identità l'orientamento sessuale di ciascuno e comunque - egli aveva concluso, «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?». Il Papa dunque invita a essere misericordiosi come lo è il Padre Dio nostro allargando così i nostri cuori cercando di non condannare con facilità ma anzi di perdonare, dimenticando il male commesso, così come ha fatto Dio. Sempre – aveva ancora detto Bergoglio in un'omelia del 17 marzo 2014 – nel cuore e nella mente deve risuonare la frase "Chi sono io per giudicare questo? Chi sono io per chiacchierare di questo? Chi sono io che ho fatto le stesse cose o peggio?". L'insegnamento è quello di Dio: "Non giudicate e non sarete giudicati, non condannate e non sarete condannati". Fare abbondante uso di misericordia, dunque, "che ci porta alla pace". La ricetta secondo il pontefice è semplice: "Ricordatevi sempre della frase 'chi sono io per giudicare?', quindi vergognarsi e allargare il cuore".
(Articolo pubblicato anche su "Il sismografo" con il titolo "Una riflessione del Papa oggi: ‘Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso’)