(Alessandro Notarnicola) La Ricorrenza della firma dei Patti Lateranensi (86 anni fa) e dell'Accordo di Revisione del Concordato (31 anni fa), celebrata ieri nella sede della Nunziatura apostolica in Italia, nel primo vertice del Segretario di stato cardinale Pietro Parolin e del neo Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella, ha avuto un “sapore” diverso rispetto al 2013 e 2014 quando la Sede Apostolica era in piena transizione dopo la rinuncia di Benedetto XVI e l’elezione di Papa Francesco.
Ieri, si è parlato a tutto campo e ovviamente non solo sulle questioni italiane, scuola paritaria e famiglia, crisi socio-economica e disoccupazione, ma soprattutto sulla situazione internazionale, con particolare riferimento al dramma dei cristiani in Medio Oriente e Nord d’Africa e la graduale disintegrazione della Libia, oggi ostaggio di bande armate di ogni genere. Il cardinale Parolin in brevi scambi con i giornalisti ha precisato due cose di grande importanza: in Libia, ha detto, un qualsiasi intervento deve essere sotto l’egida dell’ONU e, poi, dal Ministro Alfano sappiamo che non risulta nessuna minaccia specifica contro il Vaticano da parte del terrorismo. Dall’altra parte i protagonisti hanno voluto confermare a più riprese l’ottimo stato dei rapporti tra la Santa Sede e lo stato italiano.
Il 18 febbraio 1984, esattamente trentuno anni fa, quando sul soglio pontificio sedeva Papa Giovanni Paolo II e l'Italia era avvolta dalla continua lotta elettorale tra Dc, Pci e Psi, la Santa Sede, nella persona del cardinale Segretario di Stato Agostino Casaroli, e il governo Italiano, rappresentato dall'allora Presidente del Consiglio, Bettino Craxi, rinnovarono le prescrizioni e i patti stabiliti con il Concordato lateranense del 1929, che tra l'altro necessitavano di essere già da tempo revisionati, con un Accordo di revisione, noto anche come “Accordo di Villa Madama”, dal luogo della residenza romana oggi usata come sede di rappresentanza del Presidente del Consiglio e del Ministero degli Esteri della Repubblica Italiana.
Tenuto conto del processo di trasformazione politica e sociale verificatosi in Italia nei decenni successivi al fascismo e al secondo conflitto mondiale e degli sviluppi promossi nella Chiesa dal Concilio Vaticano II, la Repubblica italiana tenendo in considerazione i principi sanciti dalla sua Costituzione, e la Santa Sede da parte sua prendendo avvio dalle dichiarazioni del Concilio Ecumenico Vaticano II circa la libertà religiosa e i rapporti fra la Chiesa e la comunità politica, nonché la nuova codificazione del diritto canonico, hanno riconosciuto l'opportunità di apportare ulteriori modifiche consensuali del Concordato lateranense, con le quali si voltava decisamente pagina rispetto al passato e ci si allontanava dalla tradizione novecentesca, profondamente segnata dal confronto della Chiesa con Stati totalitari o autoritari e dal ricorso allo strumento pattizio, al fine di conquistare spazi e consolidare di libertà all’azione religiosa ed ecclesiastica.
L’annuncio e l'avvio dei lavori del Concilio Vaticano II segnarono una tappa fondamentale per il processo di revisione concordataria profondamente influenzato dal fermento e dalle aperture dischiuse dal processo conciliare. A Concilio concluso, l’8 dicembre 1965, ci si accorse tuttavia di quanti problemi fossero rimasti insoluti, sia nelle discussioni ma anche negli stessi documenti conciliari che in più di qualche punto apparvero il giusto compromesso tra molte tendenze. Ci si chiedeva fondamentalmente se il regime concordatario avrebbe dovuto subire delle modifiche oppure no. L’interrogativo era sollecitato dallo stesso testo della Costituzione conciliare Gaudium et Spes, in cui al punto 76 si leggeva che il potere ecclesiastico e quello civile sono entrambi sovrani nella propria sfera, entro la quale sono liberi di agire in piena indipendenza e sulla base del proprio diritto:
Nella citata Costituzione si legge: "È di grande importanza, soprattutto in una società pluralista, che si abbia una giusta visione dei rapporti tra la comunità politica e la Chiesa e che si faccia una chiara distinzione tra le azioni che i fedeli, individualmente o in gruppo, compiono in proprio nome, come cittadini, guidati dalla loro coscienza cristiana, e le azioni che essi compiono in nome della Chiesa in comunione con i loro pastori.
La Chiesa che, in ragione del suo ufficio e della sua competenza, in nessuna maniera si confonde con la comunità politica e non è legata ad alcun sistema politico, è insieme il segno e la salvaguardia del carattere trascendente della persona umana. La comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l'una dall'altra nel proprio campo, ma tutte e due, anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale degli stessi uomini. Esse svolgeranno questo loro servizio a vantaggio di tutti in maniera tanto più efficace, quanto più coltiveranno una sana collaborazione tra di loro, secondo modalità adatte alle circostanze di luogo e di tempo. (...) Tuttavia essa non pone la sua speranza nei privilegi offertigli dall'autorità civile. Anzi, essa rinunzierà all'esercizio di certi diritti legittimamente acquisiti, ove constatasse che il loro uso può far dubitare della sincerità della sua testimonianza o nuove circostanze esigessero altre disposizioni."
Questo carattere decisamente innovatore del “nuovo” Concordato o “Concordato Bis” è stato sottolineato in occasione dei trent'anni da cardinale Segretario di Stato vaticano Pietro Parolin, il quale osservando come i rapporti tra i due soggetti, la Santa Sede e lo Stato Italiano, necessitassero già da tempo una revisione dei termini stipulati nel 1929, ha detto che se nel 1929 (piena epoca del Littorio) al termine della lunga stagione di inimicizia e di incomprensione derivata dalla complessità di risoluzione della ‘Questione Romana’. Il testo concordatario si limitava a dichiarare che il Concordato “era inteso a regolare le condizioni della Religione e della Chiesa in Italia”, in cui “una Chiesa in difesa cercava di conquistare spazi alla sua libertà” e lo Stato si impegnava a regolare (con diffidenza) la sua azione civile e amministrativa, ben diverso era il clima nel quale sono stati congiuntamente firmati e riconosciuti gli accordi del 1984, per il quale, all’articolo 1 dell’Accordo, «La Repubblica Italiana e la Santa Sede riaffermano che lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, impegnandosi al pieno rispetto di tale principio nei loro rapporti ed alla reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese».
Un punto molto importante da ricordare e da sottolineare è che con gli Accordi del febbraio del 1984 è stata avviata la più ampia riforma della legislazione ecclesiastica con la stipulazione delle Intese con le confessioni valdese, ebraica, pentecostale, e altre, le quali proprio a seguito dell'articolo 1 del Concordato sono state accolte e riconosciute. Questa laicità ha inoltre permesso di creare delle Intese con altre religioni e tradizioni, ma anche di difendere presso la Corte di Strasburgo e altre istanze la presenza del crocifisso negli spazi pubblici, di elaborare la Carta dei valori di cittadinanza e integrazione, approvata nel 2007 dal Ministro Giuliano Amato, riconoscere Chiese cristiane ortodosse come quella romena e affrontare – seppure in modo non completo e approfondito - la questione della presenza islamica in un Paese che si dichiara laico ma che di fatto è a maggioranza cattolica.
(Articolo pubblicato su "Il sismografo")